4j7r6eLa osservava da lontano, soggiogato dalla gioia che traspariva da quel viso bellissimo che ogni notte visitava i suoi ogni.

Sembrava un angelo, con quei riccioli dorati che brillavano al sole. Era una creatura della luce, brillante e sorridente.
Grace. Anche il nome era sinonimo di bellezza.
In quel momento come se avesse percepito lo sguardo fisso su di sé, si voltò verso di lui.
E gli sorrise. Come sempre.
La vide alzare il braccio per salutarlo, e con riluttanza lo ricambiò, seccato che si fosse accorta che la stava guardando.
Dominic rientrò in classe, le mani sprofondante nei jeans neri, gli occhi cupi come una notte burrascosa. I compagni si spostarono al suo passaggio, terrorizzati da quel colosso dalla fama sinistra.
Si sedette al suo posto, aspettando che la lezione cominciasse. Aspettando che Grace arrivasse.
«Salve a tutti». Salutò allegra entrando con la solita irruenza. L’ambiente si rilassò, come sempre quando arrivava. Era come se spazzasse via le nubi tempestose che lui riusciva a generare con la sua presenza inquietante.
«Ciao Nicky». Sussurrò mentre si sedeva accanto al ragazzo, incurante del gelido cenno di capo con cui l’accolse.
«Hai finito gli esercizi di matematica?». Domandò per nulla imbarazzata da quel silenzio.
Grace era l’unica che avesse il coraggio di parlargli; lo pungolava continuamente con domande. Gli raccontava come passava il week end, i film che vedeva, i libri che leggeva, cercando di coinvolgerlo, senza arrendersi mai.
«Si». Replicò lapidario sbuffando infastidito dalla storpiatura del suo nome, ma senza trovare il coraggio di dirglielo.
«Ottimo. Sei sempre così preparato, e in matematica sei bravissimo. Purtroppo per me a volte è complicato capirla». Dichiarò con un sospiro mesto.
Dominic la guardò incredulo. Grace non era mai triste e i suoi voti erano ineccepibili. Erano tre anni che frequentavano la stessa classe, mai una volta era arrivata impreparata a una lezione, di qualunque materia fosse.
Cosa avrebbe dovuto risponderle?
«Hai bisogno di ripetizioni?». Borbottò, non tollerava che il sorriso le scomparisse dal viso.
Grace fissò gli occhi color del cielo su di lui, uno sguardo speranzoso che lo riempì di una strana inquietudine.
«Mi aiuteresti?». Rispose sorridendo come se quel’aiuto la rendesse felice.
Dominic non aggiunse altro, prese il quaderno con gli esercizi e il libro per la lezione; li posò sul banco, mise accanto matita, gomma, penna nera e rossa. In una sequenza ordinata, con gesti che ripeteva ogni giorno, concentrandosi su ogni movimento, mentre la mente pensava con alacrità a cosa replicare a quell’inaspettata richiesta.
Il cuore in tumulto.
Una morsa gli strizzò lo stomaco e la bile salì repentina, amara, testimone dell’attacco di panico che lo aveva agguantato.
«Scusami Nicky, non volevo essere invadente». Mormorò con tono deluso.
«Ti aiuterò». Mugugnò senza rendersene conto, pur di non sentire quella voce triste.
In quel momento entrò il professore e la lezione ebbe inizio, impedendo a Grace di ringraziarlo, ma un sorriso contento la accompagnò durante le due ore seguenti.
«Nicky. Nicky. Aspettami». Gridò Grace correndo per il corridoio per raggiungerlo mentre si allontanava veloce dalla folla che abbandonava le aule per dirigersi verso la mensa.
Dominic si fermò in un angolo appartato e la attese appoggiato al muro con le braccia conserte. Non voleva che la vedessero parlare con lui, non voleva che la evitassero perché era gentile con il diverso, lo strano della scuola.
«Che c’è?». Chiese fissandola con freddezza.
«Pranziamo insieme?». Lo invitò sorridente incurante di quell’atteggiamento scontroso.
«Perché?».
Grace rimase esterrefatta dinanzi a quella domanda. Non capiva perché Dominic si tenesse sempre alla larga da tutti. Silenzioso e guardingo, osservava ognuno come se fosse un nemico.
Erano tre anni che condividevano la classe e il banco, si era impegnata per cercare di diventarne amica. Ricordava il primo giorno di scuola, il ragazzo alto e impacciato, dallo sguardo torvo che sembrava urlare: statemi lontano.
Grace era arrivata in ritardo e l’unico posto libero in aula era accanto a Dominic. Risoluta si era diretta verso di lui, si era seduta, per poi presentarsi.
Da allora erano passati tre anni, non si era più spostata, anche se aveva fatto amicizia e avrebbe potuto sedersi accanto ad altri.
Tutti lo temevano: era alto e muscoloso per avere solo diciassette anni; i capelli neri erano sempre scompigliati e troppo lunghi, che gli conferivano un aspetto tenebroso, ma erano gli occhi, schegge oscure e minacciose. Eppure Dominic era un ragazzo affascinante, per non dire bello.
Erano molte le ragazze che lo osservavano da lontano, sospirando e spettegolando su di lui, alcune avevano cercato inutilmente di attirarne l’attenzione, ma sembrava che fossero invisibili.
Lei era l’unica a cui rivolgeva qualche parola, anche se era più dovuto all’impegno di Grace che al desiderio di Dominic di essere coinvolto in una conversazione.
A lei piaceva stare accanto a quel ragazzo silenzioso, ma che con i gesti le aveva sempre dimostrato gentilezza. Sino al giorno in cui si era resa conto di amarlo, da quel momento era iniziata la campagna per conquistarlo, e dopo tre anni cominciava a dubitare di riuscirci. Per ogni vittoria, seguivano sempre molte sconfitte. Come quel giorno.
«Come perché? Cosa c’è di male nel pranzare insieme?». Sbottò seccata per l’ennesima porta in faccia con cui la ricambiava la ogni volta.
Non rispose. Le voltò le spalle e la lasciò a guardarlo andar via.
A Grace venne voglia di piangere, ma non poteva dargliela vinta in quel modo a quel cafone.
Impettita e furiosa, si diresse verso la mensa scolastica dove di sicuro le sue amiche la stavano aspettando.
Dominic la seguì con lo sguardo, sentendosi un idiota per averla offesa in quel modo, ma non riusciva mai a essere rilassato in presenza di Grace, riusciva sempre a innervosirlo e a eccitarlo.
Lei voleva essere sua amica, lo aveva capito da tempo, ma come poteva accettare un rapporto platonico dalla ragazza che gli aveva catturato il cuore e l’anima sin dal primo sguardo? Meglio starle alla larga, onde evitare di fare qualche gesto inconsulto: come baciarla.
Dannazione. Le aveva promesso di aiutarla con la matematica e non poteva tirarsi indietro. Idiota. Idiota che non era altro.
Irritato con sé stesso e con il destino che continuava a creargli problemi, si diresse verso l’angolo solitario dove era abituato a consumare il pranzo che si portava da casa. Lontano da sguardi indiscreti, si sedette sul prato, sbocconcellò il panino chiedendosi come sarebbe stato dividere il pasto con Grace. Scrollò la testa per cacciare quei pensieri irrealizzabili, si alzò e si diresse verso la palestra; in un cestino gettò il suo pranzo quasi intatto.
Senza una parola o uno sguardo verso i compagni che incrociava, svoltò l’angolo che portava sul retro della palestra, da lì agli spogliatoi degli uomini per prepararsi all’ora di ginnastica. Preferiva cambiarsi prima che arrivassero gli altri, lo infastiva essere osservato.
Si bloccò interdetto. Grace era lì, in compagnia di Brian, quarterback e giovane promessa del football. Dominic rimase nascosto alla loro vista, spiando la coppia, la gelosia che gli strizzava le viscere nell’osservare il ragazzo prenderla per un braccio. Il desiderio di afferrare Grace e portarla via da lì. Lontano. Ma rimase solo a guardare, ipnotizzato da quella scena dolorosa.
«Brian, non capisco cosa ti sei messo in testa. Non ti ho mai dato nessun motivo per farti pensare che ero interessata a te». Grace era seccata per l’insistenza con cui si proponeva, come se avesse dovuto essergli grata per essere stata scelta. Pallone gonfiato. Quella giornata infernale sembrava non finire mai.
«Interessata a me? Devi sentirti onorata che ti dedichi attenzioni». Ringhiò furioso a quel palese rifiuto, che anche la sua mente limitata aveva compreso. La afferrò per un braccio, cercando di abbracciarla, per prendersi con la forza, quello che lei rifiutava di dargli. Lui era il beniamino della scuola, ed essere respinto era inaccettabile.
«Lasciami immediatamente». Urlò furiosa per quel trattamento rude, divincolandosi per sfuggire a quella presa dolorosa, di sicuro domani avrebbe avuto dei lividi su entrambe le braccia.
Vide avvicinare quel volto e le labbra di Brian calare su di lei con rabbia, riuscì a girare in tempo il viso e la bocca di lui finì sul collo. Il disgusto le attanagliò lo stomaco, gridò per la paura.
All’improvviso fu libera e per poco non cadde a terra per il contraccolpo.
Brian era a terra, con il sangue che colava dal naso. Un furibondo Dominic incombeva su di lui come un angelo vendicatore.
«Di che t’impicci. Sei impazzito?». Sbraitò il ragazzo tamponandosi il naso con il fazzoletto.
Grace osservò incredula la scena: Dominic era intervenuto in sua difesa. Lo vide afferrare Brian per il colletto e sollevarlo senza sforzo, sbatterlo con violenza contro il muro.
«Stai lontano da lei oppure dimenticati di poter continuare a giocare a palla». La minaccia insita in quelle parole fece sbiancare il ragazzo, che con uno strattone si liberò e corse via senza guardarsi indietro.
Era ancora furioso, avrebbe voluto massacrarlo quel bastardo. Quando si era reso conto che Grace era in pericolo, gli era andato il sangue al cervello, anche in quel momento la rabbia scorreva veloce.
«Stai bene?». Le chiese senza guardarla, non voleva che vedesse la sua espressione in quel momento. Non voleva turbarla ulteriormente.
«Girati». Gli ordinò con voce tremante.
Con lentezza l’accontentò.
Grace trattenne il respiro, tutto in lui era un concentrato di ira, dove avesse trovato il controllo per lasciar andare via Brian era un mistero. A dimostrazione di quanto forte fosse la personalità di quel ragazzo.
Gli si avvicinò piano, poggiò una mano sull’ampio torace, come aveva desiderato fare tante volte, sentì il suo cuore battere veloce, segno della forte emozione che lo attraversava.
«Grazie». Si alzò in punta di piedi posò le labbra su quelle di Dominic, prima che il coraggio l’abbandonasse. Lui rimase impietrito a quel gesto inaspettato, tutta la rabbia si trasformò in eccitazione a quel contatto. Senza che se ne rendesse conto la strinse contro di sé con dolcezza, aprì la bocca e accolse quel respiro tremulo, che innescò una reazione immediata in entrambi. Grace aderì a quel corpo atletico, lasciò che quella lingua la invadesse e con essa un’ondata di sensazioni infuocate.
Era quello il desiderio? Sublime.
Il sangue prese a scorrere veloce e la testa divenne pesante, non riusciva più a pensare in maniera razionale. Quel bacio era diventato il fulcro dell’intera esistenza, lo attendeva da tre anni e finalmente era suo, nessuno le avrebbe mai portato via quel magico ricordo.
Dominic trovò la forza di allontanarsi da lei, con delicatezza, la scostò e la guardò frastornato, con il cuore che galoppava come un cavallo impazzito.
Grace era adorabile, le guance arrossate dall’emozione, gli occhi lucidi e un sorriso timido su quelle labbra morbide.
«Ehm. Io…». Non trovò le parole adatte e quelle che aveva nel cuore era troppo spaventato per dirle.
«Era il mio primo bacio. Grazie per averlo reso stupendo». Confessò Grace abbassando lo sguardo per l’imbarazzo.
Dominic ascoltò impietrito a quella confessione innocente.
«Grace…». Cominciò ma fu subito interrotto dalla ragazza.
«Non dire nulla. Scusami, sono stata inopportuna…». Grace non terminò la frase, la bocca le venne chiusa da un altro bacio impetuoso che sembrava volerle divorare l’anima.
«Ti amo Grace». Confessò sulle sue labbra, terrorizzato nel sentirsi pronunciare quelle parole che mettevano a nudo il cuore.
Grace scoppiò a piangere stringendosi a lui per l’emozione di quella confessione inaspettata.
«Ti amo Nicky». Rispose sorridendo felice tra le lacrime.
Pubblicato sulla rivista Romance Magazine.