Mi sveglio con lentezza, la testa pesante, il corpo scosso da fitte terribili in ogni arto. All’improvviso i ricordi si affollano nella mia memoria, tumultuosi, terrificanti.

Apro gli occhi terrorizzata al pensiero di ciò che mi attende.

Le mani bloccate in alto da anelli di ferro, tendono le mie braccia con ferocia, senza alcuna pietà.

Mi guardo intorno alla ricerca di una speranza, di una via di fuga, ma vedo solo orrore: altre ragazze appese alle pareti, silenziose nella loro disperazione.

«Dove ci troviamo?» la mia voce è rauca per la sete.

«All’inferno» la risposta arriva dalla mia sinistra, appartiene a una giovane dai capelli rossi.

«Non capisco» non riesco ad accettare quella spiegazione, terrificante nella sua semplicità.

«Guarda alla tua destra» risponde scoppiando a piangere disperata.

Ho paura.

Mi faccio coraggio e giro il viso verso la direzione indicata.

Per un attimo smetto di respirare.

Un grido agghiacciante scaturisce dalla mia gola, non posso impedirmi di urlare davanti a quello spettacolo atroce.

La morte regna sovrana.

Giovani donne pendono dal soffitto a testa in giù, come quarti di bue al macello, esangui nella loro immobilità, lo sguardo fisso della morte.

Il sangue cola dai tagli inferti sui corpi martoriati in recipienti di oro massiccio.

Alcune sono ancora vive, gli ultimi rantoli di quel supplizio sono l’unico suono in quel luogo infernale.

Altre vengono tolte e gettate in un buco sporco di sangue sul pavimento imbrattato.

Vedo arrivare i carnefici.

Senza una parola afferrano la mia vicina, ormai rassegnata e la portano verso il suo destino.

Li osservo legarle i piedi e appenderla a un gancio.

I lunghi capelli rossi scivolano verso il basso nascondendo il viso bagnato di lacrime, le braccia pendono inerti.

Con le lame affilate recidono le vene e il sangue copioso si riversa nell’ennesimo recipiente d’oro, come vino pregiato per intenditori.

Piango disperata per il destino che mi attende, mentre una risata femminile echeggia beffarda nel buio.