Il Contenuto Scabroso di questo Post è consigliato a un pubblico Adulto, si sconsiglia la lettura ai minorenni e agli animi sensibili.

 

La Rivincita delle Eroine by Juneross Blog

 

  Direttamente dalle scrivanie di Lucilla e Lady Akasha, una Sfida tutta particolare nata nel Blog della Mitica Juneross.

 

5mmvciLa Fuga

by Lucilla

Uscì a precipizio dalla sua stanza d’albergo e si infilò giù per la tromba delle scale; il cuore le batteva forte mentre si insinuava dietro a una colonna, ansando. Non era così che aveva immaginato la sua vacanza in Messico. L’aveva sognata, l’aveva agognata e finalmente era riuscita a coronare il sogno, insieme alla sua migliore amica. Stava andando tutto meravigliosamente finchè non aveva trovato quella maledetta bustina di povere bianca nel proprio bagaglio. Doveva avercela messa lei, maledizione! ecco perchè le aveva telefonato ingiungendole di scappare prima che venissero a prenderla. Avrebbe dovuto spiegare cosa ci faceva quella roba nella sua valigia, ma intanto l’avrebbero sicuramente arrestata e non ci teneva a sperimentare le famigerate prigioni messicane.
Perciò eccola in fuga come l’ultimo degli spacciatori.
Uscì con circospezione da dietro la colonna e subito si ritrasse: c’era del movimento, sentiva il rumore di passi pesanti nell’atrio; sembravano piedi calzati da anfibi: Oddio, erano arrivati!
Sgattaiolò in un altro corridoio e procedette in punta di piedi; si sporse oltre l’angolo e scorse il sorvegliante dell’albergo.
Un bel pezzo di manzo, l’aveva già notato fin dal primo giorno e ci aveva fatto un pensierino.
Ma ora era meglio soprassedere. Aprì silenziosamente la porta di uno stanzino e cercò di entrare senza far rumore; cominciò a richiudere la porta pian pianino, ma quel dannato pezzo di legno scricchiolò. Il rumore risuonò nel silenzio come un urlo.
Il sorvegliante voltò la testa di scatto nella sua direzione; per un attimo sembrò fiutare l’aria, poi marciò deciso verso lo stanzino.
Lei si appiattì dietro la porta; afferrò freneticamente il primo oggetto pesante che trovò- un grosso scopettone- e sperò che passasse oltre. Non lo fece. Cautamente il sorvegliante infilò la testa oltre la porta. Lei strinse i denti e gli calò lo scopettone sulla nuca con tutte le sue forze. Quello crollò a terra come un sacco vuoto. Velocemente, lo afferrò e con fatica lo tirò dentro, poi chiuse la porta.
Bene, ecco un altro problema: che doveva farne di un uomo svenuto? Se si fosse svegliato, la sua fuga sarebbe finita lì.
Si guardò intorno: era nello stanzino delle scope. Afferrò alcuni stracci, scelse i più robusti e legò ben bene il sorvegliante ad un pesante scaffale, mani e piedi, poi gli cacciò un altro straccio in bocca. Ecco, per il momento era a posto.
Fuori alla porta c’era una gran confusione: la stavano cercando! Non poteva uscire, era prigioniera in uno sgabuzzino con il bel sorvegliante. Spinse un altro scaffale davanti alla porta e si dispose ad aspettare.
Fissò il suo prigioniero con interesse: aveva una bella faccia, pelle abbronzata con appena un’ombra scura di barba, fiero naso aquilino e i capelli che gli ricadevano sulla fronte erano nerissimi; gli occhi, lo sapeva, erano scuri e vellutati. Il corpo era degno del viso, con spalle tanto larghe che la camicia sembrava stentare a contenerle, gambe lunghe e muscolose e fianchi stretti.
Un’idea pazzesca le balenò nella mente: e se…. Cercò di scacciarla, ma era inutile. Si leccò le labbra: perchè no? Tanto, più nei guai di così…. tanto valeva ricavare qualcosa da quell’assurda situazione.
Si avvicinò a lui e si inginocchiò; dopo aver controllato che non potesse muoversi, gli accarezzò i capelli; scese ad accarerezzare il collo, poi le spalle. Presa da una smania improvvisa, gli aprì di colpo la camicia facendogli saltare i bottoni. Si abbassò a lambirgli il petto con la lingua. Un movimento improvviso le rivelò che il suo prigioniero si era svegliato. Lo guardò: i neri occhi la fissavano strabuzzati dalle orbite, sembrava che non potesse credere a ciò che stava accadendo. Lei sorrise, ma non si fermò. La situazione la eccitava.
Gli aprì anche i pantaloni e vi insinuò le mani, continuando ad accarezzare. Lui mugolò qualcosa, ma lo straccio gli impediva di fare di più.
Lei afferrò la stoffa e tirò forte, strappando pantaloni e slip; lui sembrava terrorizzato, ma così non poteva andare.
Cominciò ad accarezzarlo fra le gambe, a lungo e sapientemente; lui cominciò a sudare.
Quando lo vide pronto, si abbassò le mutandine e gli si mise a cavalcioni: quando lo sentì dentro di sè, pensò che era la miglior cavalcata della sua vita!
Non durò a lungo; lei pensò principalmente al proprio piacere. Con un sospiro soddisfatto scese dal suo corpo e si rassettò.
Lui emise un mugolìo sordo: forse voleva che lo ricoprisse. Lei fece un ghigno: ma guarda che pretese!
Sbirciò fuori dal finestrino, constatando che la via era libera.
Afferrò la borsa e si mise a cavallo del davanzale. Il suo prigioniero la stava guardando con furia omicida:
“Grazie di tutto, bello, mi ricorderò a lungo di te!”
Poi si lasciò cadere su un cespuglio e cominciò a correre a perdifiato.

 

2mzbmdy

 

Succuba

314b3u0

by Giusy Berni (Lady Akasha)

Si svegliò intorpidito, la testa pesante, la vista offuscata dal dolore. La sera prima doveva aver esagerato con l’alcool, pensò cercando di alzarsi per andare in bagno ma si accorse che gambe e braccia rifiutavano di collaborare.
Con uno sforzo cercò di mettere a fuoco l’ambiente che risultò essere la sua stanza da letto, così come la ricordava. Si guardò attorno e si accorse che gli arti erano incatenati alle sponde del letto con delle manette. Era nudo.
Cosa stava accadendo?
Era prigioniero nella sua stessa casa.
«Ti sei svegliato». La voce proveniva dal buio in fondo alla camera, era femminile, roca, con una freddezza che dava i brividi.
«Chi sei? Cosa vuoi? Perché mi hai imprigionato?». La rabbia per quel trattamento prese il sopravvento, e nonostante il dolore cominciò a tirare le catene facendole tintinnare contro il ferro battuto della testiera.
La donna scoppiò a ridere davanti a quell’esplosione di collera, incurante delle sue parole.
Emerse dalle ombre come un demone degli inferi.
Era nuda.
Il corpo era coperto in maggior parte da ustioni, che lo rendevano poco appetibile. L’uomo non riuscì a non distogliere lo sguardo a quella vista ripugnante.
«Ti disgusto. Non importa, avrò ciò che cerco che tu sia d’accordo o meno». Lo sbeffeggiò con gelido sarcasmo, avvicinandosi con lentezza.
In mano aveva una siringa dall’aria minacciosa, piena di un liquido trasparente.
«Cosa hai intenzione di farmi?». Domandò mentre la paura cominciò a serpeggiare dentro di lui.
Era in balia di una folle, e non aveva alcuna possibilità di difendersi da qualunque azione empia volesse commettere contro di lui.
«Ti consiglio di non muoverti, in questo modo non ti farò del male. In caso contrario…». Replicò lasciando in sospeso la frase a dimostrargli che era in suo potere.
La vide avvicinarsi decisa, sedersi sul letto accanto a lui. Senza dargli il tempo di reagire, la possibilità di ribellarsi, inserì l’ago nel suo pene.

Il terrore gli attanagliò lo stomaco in una morsa, mentre la bile si riversò nel suo esofago.

Rimase immobile, finché non finì.

Cosa gli aveva iniettato?

La fissò in viso per la prima volta e si accorse che era coperto da una maschera.

Vigliacca.

Rimase seduta al suo fianco osservandolo attraverso le fessure di quel schermo di seta nera che copriva il viso della sconosciuta.

Senza aggiungere parole, senza badare allo sguardo terrorizzato della sua vittima, cominciò a sfiorare il suo torace.

Non era un uomo gigantesco, ma si teneva in forma in palestra con regolarità per mantenersi tonico.

Quando si accorse che il pene stava cominciando a ingrossarsi senza che lui provasse dentro di sé alcuno stimolo o desiderio per la sua aguzzina, si rese conto di quale fosse il destino che gli aveva assegnato.

«No!». Esclamò inorridito dalle reazioni incontrollate del suo corpo.

«Oh si». Sussurrò la donna mettendosi a cavalcioni sul grembo, strofinando la vagina sul membro ormai eretto.

Cercò di togliersela di dosso, sgroppando disgustato da quel corpo sfigurato e dalla situazione di umiliante dominio che stava vivendo.

Ma sembrava che quei gesti servivano solo a eccitarla ulteriormente, lo comprese dall’orgasmo che la stava cogliendo in quel momento.

«Sei bravo». Lo sbeffeggiò con ironia.

«Sei pietosa. Una donna che è costretta a tutto ciò per farsi scopare, non è una donna». A quelle parole ingiuriose, lei lo colpì con un pugno in viso, facendogli sanguinare il naso.

Senza rispondere alla sua provocazione, afferrò il pene rigido e lo infilò nella sua vagina bagnata.

Voltò il viso per non vedere quella femmina repellente usarlo come un oggetto, cavalcarlo con energia per procurarsi un orgasmo.

Alla fine anche il suo corpo rilasciò il seme nonostante lui avesse cercato d’impedirlo, ma qualunque sostanza gli era stata iniettata lo aveva reso succube di quella perversione.

Alla fine, stremata si adagiò su di lui.

«Ho finito. Sei durato più di altri. Mi complimento con te». Lo blandì con melliflua dolcezza alzandosi dal letto, e avviandosi verso il bagno.

Ne uscì dopo venti minuti, vestita e con sempre la maschera al suo posto.

Si avvicinò di nuovo all’uomo incatenato, sfiorò il viso tumefatto, e rise quando lui si scostò risentito.

«Non temere, qualcuno verrà a liberarti». E con queste parole lasciò la casa e la sua vittima senza nessun rimorso.

Lacrime di rabbia colmarono gli occhi dell’uomo, l’umiliazione per quell’atto immotivato, e il pensiero che presto ci sarebbero stati testimoni della sua mortificazione lo fecero piangere come un bambino.

Un grido dolore scaturì dalla sua gola, mentre si rendeva conto che nulla sarebbe stato come prima.